Al fianco dei compagni di #Padova, nelle strade dello sciopero sociale.

1450283_597057827097123_5306310536315092996_n
Leggiamo con rabbia e preoccupazione le ultime notizie provenienti da Padova, dova stamattina presto le forze dell’ordine hanno compiuto delle perquisizioni nelle case di diversi attivisti e hanno elargito misure di custodia (obbligo di dimora e arresti domiciliari) a cinque compagni del Bios Lab e del CSO Pedro.

Le colpe di quelli che (secondo il consueto circo mediatico semplificatore e generatore di terrore di tradizione italiana) sono stati definiti “violenti”, vanno ricercate nella loro volontà di attraversare le strade della propria città, insieme ad altre migliaia di precari, lavoratori intermittenti, studenti, disoccupati, inoccupati, migranti, che, lo scorso 14 Novembre, hanno animato in tutta Italia una straordinaria giornata di sciopero sociale. Lo sciopero sociale, che ha visto riempirsi in contemporanea diverse decine di piazze in tutto il Paese, è stato un laboratorio politico innovativo e propulsivo, animato da tutti quei molteplici soggetti esclusi dalla violenza dell’attuale mondo del lavoro, costretti a condizioni lavorative indignitose e sempre peggiori da provvedimenti come il Jobs act, a cui vengono somministrati lavoro gratuito o sottopagato e sfruttamento come antidoti al problema della disoccupazione, in particolare di quella giovanile. Quella composizione giovane e precaria che si vuole far sparire dalle statistiche europee a suon di lavoro gratuito, di quella stessa composizione che si è opposta al Jobs act e ha costruito lo Sciopero Sociale, facciamo parte integrante tutti noi, al pari dei compagni che oggi si trovano a subire sulla propria pelle misure intimidatorie e repressive.
Non si può definire altro che repressivo, un potere che immagina le nostre vite come puro terreno di estrazione, come serbatoio di energie e capacità da sfruttare sul lavoro e poi buttare via, da ridurre forzosamente al silenzio quando, invece, vengono messe al servizio di una presa di parola collettiva, determinata quanto scomoda.

Il governo del Jobs act, dell’austerità imposta ai più deboli, delle manganellate ad operai e precari, degli apparentamenti politici fantasiosi e privi di scrupoli, è lo stesso che crede basti tirare fuori dal cilindro la propria presunta statura etica quando c’è da scegliere un candidato al Quirinale, in nome dell’onestà antiberlusconiana della sinistra istituzionale. Onestà che si declina, nella quotidianità dell’amministrazione della giustizia, in veri e propri atti di vendetta e rappresaglia nei confronti dei movimenti sociali e, in generale, di qualunque manifestazione di dissenso. Ne sono emblema le violentissime condanne inflitte pochi giorni fa agli attivisti No-Tav, movimento talmente criminalizzato da campagne di stampa terroristiche che a finire sotto processo è stato persino lo scrittore Erri De Luca, considerato possibile “mandante morale”; questo governo non ha nemmeno più bisogno di mettere in scena le (il più delle volte strumentali e approssimative) divisioni tra modalità “accettabili” e “non accettabili” di espressione del dissenso, tra “violenza di piazza” e “manifestazione pacifica di un’opinione contraria”: qualunque manifestazione di dissenso, che passi per i cortei che attraversano le strade di città e valli, o per articoli e dichiarazioni verbali, è in ogni caso brutalmente criminalizzata e perseguita.

Come abbiamo dimostrato in questi mesi, davanti alla gestione poliziesca che il governo Renzi ha operato di qualunque legittima istanza politica, e come dimostra da anni e anni la val di Susa di fronte alle molteplici criminalizzazione di governi violenti e destri vecchi e nuovi, questi mezzi intimidatori non funzionano.

Eravamo tutt* in piazza il 14 Novembre, tappa, e non conclusione, di un percorso radicale per obbiettivi e per capacità inclusive, di cui tutt* ci sentiamo parte, al pari dei compagni che oggi ne hanno subito le conseguenze più violente. Siamo solidali, ma soprattutto complici con quanto accaduto e quanto accadrà.
Luca, Cesco, Luca, Giorgio e Federico liberi, liberi tutt*!

Scarica questo articolo come e-book

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *