LAVORARE DURANTE IL RISCHIO ESONDAZIONE

In questi giorni il maltempo sta mettendo in difficoltà l’intero paese. Domenica 17 novembre, Pisa è stata interessata dal rischio reale di esondazione dell’Arno, dopo una settimana di continue e forti piogge in tutta la Toscana. Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di un ragazzo costretto a lavorare durante l’allerta, in forma anonima per garantirlo da possibili ripercussioni.

“Io faccio il fattorino per Deliveroo e quel giorno mi è toccato lavorare proprio nelle ore in cui era prevista l’esondazione. Voglio raccontare le difficoltà che ho avuto quel giorno.

Domenica scorsa ho prenotato le sessioni orarie che vanno dalle 19 alle 22. A partire dalle 18.30, il Comune e la Protezione civile hanno dichiarato il CODICE ROSSO, disponendo, con una ordinanza comunale, la chiusura di strade e ponti, il blocco del traffico veicolare ed anche pedonale in prossimità dei lungarni, la chiusura di uffici pubblici ed esercizi commerciali. Mi sono subito attivato per segnalare la cosa all’azienda, per capire i cambiamenti al servizio e per assicurarmi di non ricevere penalità togliendo autonomamente le ore. Per chi non lo sapesse, togliersi da un turno entro le 24 ore dall’inizio del servizio comporta una penalità nella classifica attraverso cui prenotare turni nelle settimane seguenti: se cadi in basso, non lavori, e io ne ho bisogno per pagarmi l’affitto e gli studi. Inoltre, la fascia oraria 20-22 del week-end deve essere garantita al fine di alzare o mantenere stabili le statistiche, altrimenti cadi in basso e non lavori.
Come prima cosa, chiamo l’unico numero aziendale disponibile, quello per parlare con i lavoratori che coordinano e supportano i rider durante le consegne. La prima volta mi dicono, giustamente, che non sono loro a poter fare comunicazioni di questo tipo, la seconda che avrei dovuto mandare una mail all’azienda . Allora insisto per avere un contatto diretto con i piani alti visto che le mail ricevono risposta dopo tre giorni lavorativi, ma mi viene chiuso il telefono in faccia. Vado quindi sul sito. Per fare una comunicazione, devi inserire dentro una barra una parola chiave che rimandi al tuo problema. Scrivo “esondazione”, alluvione”, “allagamento strade”, ma come potete vedere negli screen, nessuno di questi problemi prevede una procedura da parte dell’azienda. Per Deliveroo, queste condizioni non sono un rischio per l’incolumità dei propri lavoratori e non ci sono certezze sulla retribuzione in caso di eventi eccezionali.
Decido di aspettare l’inizio del servizio, sperando in una comunicazione e per non avere penalità. In più, arriva la notizia della chiusura degli esercizi commerciali. Addirittura il Mc Donald’s, principale azienda che si appoggia al servizio di consegna, chiude i suoi negozi e di certo avrà comunicato a Deliveroo il problema. Sono di fatto certo che non avrei lavorato pur andando on line nell’ora prenotata, rimanendo al sicuro a casa e vedendomi garantita la retribuzione.
Scocca l’ora fatidica, le 19, entra in vigore il codice rosso e a me cominciano ad arrivare ordini su ordini, circa 8 in mezz’ora da paninerie, pizzerie e sushi restaurant della città, che rifiuto vista l’allerta e il pericolo. Rifiutare un ordine comporta la perdita del minimo orario garantito che viene corrisposto se nella sessione non arrivano ordini. Nel frattempo non è arrivata nessuna comunicazione. Il servizio , dunque, è stato mantenuto attivo. Alla fine mi metto off-line. Perdo i soldi della giornta. La mia incolumità è più importante di qualche spiccio, ciò non toglie che non sia dispiciuto.

L’azienda si è completamente disinteressata a tale situazione, sperando che qualche esercizio commerciale, nonostante il divieto, restasse aperto e così incassare comunque dalle consegne di qualche fattorino. Oltre al fatto in sé, si vede come l’azienda non prevede alcun tipo regolamento per eventi meteorologici estremi, siano alluvioni o fortissime piogge. E non c’è nemmeno un canale di comunicazione diretto con l’azienda, solo un algoritmo insensibile che alloca ordini. Tanto, male che va, è chi lavora che perde la sua paga. E non c’è fiume in piena che tenga. Questa è la realtà del lavoro in Italia”

 

 

 

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