Pisa libera, Pisa città IN/quieta!

Dopo un anno dall’insediamento della giunta leghista a Pisa e dalla firma del “contratto di governo”, è possibile fare un breve bilancio di quanto avvenuto nel nostro territorio, autentico “laboratorio sperimentale” per le forme di governance reazionaria del paese.

Questo bilancio è fortemente negativo: in pochi mesi, dalla retorica antidegrado si è passati ad una gestione autoritaria dell’ordine pubblico e della marginalità sociale, immediatamente estesa alla socialità giovanile. Se questo modello non è certo estraneo al Partito Democratico, che proprio a Pisa aveva dimostrato quanto i termini “sicurezza” e “decoro” fossero parte integrante del suo programma di governo, la Lega non ha fatto altro che radicalizzare e approfondire l’intervento in questo senso, portandolo all’inverosimile. Militarizzazione delle piazze, attacco alle persone migranti e limitazione della libertà di manifestazione determinano ormai la quotidianità della città. La desertificazione di Piazza dei Cavalieri, un tempo luogo di vita e aggregazione giovanile, e il divieto di sfilare imposto al Canapisa sono solo due esempi particolarmente evidenti di un progetto ben più vasto, nel quale la Lega assume il ruolo di proprietaria simbolica e materiale della città. Ormai l’abbiamo capito: “Pisa città della quiete” significa semplicemente “Pisa città della Lega”. E intanto, mentre il sindaco e la sua giunta intensificano la lotta a senzatetto, artisti di strada e studenti attraverso l’estensione delle misure di DASPO urbano, gli interessi economici che girano attorno ad imprenditori, ricchi commercianti e palazzinari che svuotano la città da chi la abita tutti i giorni per renderla sempre più a misura del turismo di lusso, rimangono al sicuro.

Ma Pisa è ben altro rispetto agli interessi che la Lega rappresenta.

Pisa è la moltitudine di donne – da tempo organizzate insieme alle soggettività lgbtq+ in un forte movimento trans-femminista intergenerazionale – che per prime hanno reagito all’insediamento della giunta, denunciando il sessismo, la misoginia e la violenza dell’assessore Buscemi. Quelle donne che si sono opposte al Ministro Fontana, che era riuscito ad accaparrarsi lo spazio pubblico delle Officine Garibaldi per la sua lugubre propaganda, rendendolo accessibile ai soli tesserati leghisti. Quelle donne che, infine, durante lo sciopero dell’8 Marzo, hanno denunciato per le strade i nomi dei padri-padroni che vogliono comandare la nostra città: Ziello e Salvini.

Pisa è la città dell’arte di strada, della creatività e della cultura dal basso. Eppure, la musica, il teatro, la giocoleria e qualsiasi altra forma pubblica di espressione artistica sono sotto attacco: divieti di suonare strumenti amplificati, la polizia che impedisce gli spettacoli di giocolieri e ballerini in nome del decoro. Una cultura dal basso che è sotto attacco persino nei locali storici, luoghi da sempre attivi nella vita della città.

Pisa sono gli studenti e le studentesse, sistematicamente esclusi dalle decisioni che li riguardano ed oggetto delle politiche comunali contro la movida. La città universitaria è però ancora per moltissimi un luogo di pensiero critico ed iniziativa collettiva. Quando la Lega ha tentato di invadere anche questo spazio, richiedendo i soldi per le iniziative delle associazioni studentesche al fine di ospitare la propaganda elettorale razzista di Salvini, gli studenti si sono sollevati, a centinaia si sono riuniti in ben due assemblee d’ateneo, impedendo l’agibilità dei razzisti in università.

Pisa sono le centinaia di persone che non hanno accettato il divieto di manifestare imposto ad una manifestazione che da anni porta in piazza i temi dell’autodeterminazione, della riduzione del danno, dell’antiproibizionismo, per combattere mafie e nercotrafficanti, contro i trattamenti sanitari obbligatori e le misure restrittive della libertà personale.

Pisa sono le centinaia di ragazze e ragazzi che hanno scioperato per dire che l’unica vera emergenza è quella ecologica e che i governi dovranno, volenti o nolenti, farsene carico. In barba a chi respinge i barconi e difende gli interessi di multinazionali e petrolieri.

Quest’altra Pisa è quella che intende affermare che libertà di movimento e solidarietà non si possono negare. La parte pulsante di questa città, quella che occupa le sue strade ogni giorno, non si farà imporre assurdi divieti dall’alto.
Al loro ordine, opponiamo la nostra capacità di stare insieme e costruire società dal basso!

È venuto il momento di mostrare che non l’avranno vinta, ripartendo da quella determinazione e vitalità che la giunta ha voluto immediatamente colpire e silenziare. Componiamo insieme queste voci, ritroviamoci in assemblea pubblica per dire che Pisa non è proprietà di nessuno e tanto meno della Lega e dei suoi capitani.

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