Sulla fine della trattativa

Dopo due mesi la lenta e faticosa trattativa tra gli studenti di Exploit e il dipartimento di matematica sembrava essere arrivata a una conclusione positiva: l’accesso a tutti gli studenti tramite tessera e un assemblea aperta di gestione. Ma il 20 Giugno scorso il consiglio di dipartimento ha deciso di non votare il regolamento prodotto dalla commissione costituitasi appositamente per mediare tra il dipartimento e gli occupanti.
Sorvolando sulle pesanti e preoccupanti accuse di alcuni membri del consiglio nei confronti degli occupanti, non possiamo che interpretare il rifiuto di votare il testo proposto in sede di consiglio dagli stessi docenti della commissione come segno della volontà di sottrarsi a ogni assunzione di responsabilità sull’esito della trattativa.

È importante, a questo riguardo, ricordare che la trattativa in questione è stata fortemente voluta dal dipartimento stesso e che, come abbiamo detto in precedenza, da parte nostra non è mancato il tentativo di andare incontro alle esigenze reali e sostanziali che ci erano state segnalate nella suddetta commissione. Ciò che ci ha spinti a prendere parte a questa trattativa, infatti, è da un lato la gestione aperta e paritetica di cui il dipartimento di matematica si è sempre fatto vanto, dall’altro il fatto che l’interlocutore avesse compreso la portata dell’esperienza, e fosse interessato a formalizzarne la situazione, accogliendone le istanze.

Prendendo parte a questa trattativa, abbiamo deciso di prendere sul serio questo percorso, con la precisa volontà politica di coinvolgere il dipartimento nel processo di apertura cui abbiamo dato l’avvio il 9 Aprile scorso; processo per altro storicamente sposato dallo stesso dipartimento e portato avanti in altre forme al di là della strada. Alla luce di ciò non sarà difficile credere che fin da subito c’è stato accordo tra le due parti su questo punto: che l’apertura di spazi universitari agli studenti e la modalità di autogestione fossero pratiche virtuose per tutte le componenti che vivono l’ateneo, giacché si innescano dinamiche organizzative efficienti e si promuovono il confronto e lo scambio di saperi, combattendone la compartimentazione; poiché questo dovrebbe essere un tratto caratterizzante dell’ambito universitario rispetto ai gradi d’istruzione inferiori: la partecipazione attiva degli studenti e l’autodeterminazione del percorso di studi e delle sue modalità.
Anche gli organi centrali dell’ateneo, in occasione di uno degli incontri della trattativa, hanno definito il percorso di apertura portato avanti da Exploit un “avanzamento” per le pratiche di gestione in università.

Ma una trattativa in quanto tale prevede dei compromessi, che ognuna delle due parti compia qualche passo in direzione dell’altra. Da parte nostra, per fare un esempio, abbiamo fatto un notevole sforzo acconsentendo all’installazione di un dispositivo di controllo come il lettore di tessere magnetiche; per avere un altro esempio, ci è stato pressoché naturale considerare di volta in volta le richieste di utilizzo dello spazio per lezioni, conferenze, seminari organizzati dal DM.
L’unica cosa richiesta su cui non possiamo cedere è la modalità assembleare per la gestione dell’aula AM2, e il consiglio di dipartimento ha voluto negare proprio questa perché non riconducibile ad un alveo di legalità regolamentabile, trattandosi di una modalità non schematica e per la quale è impossibile fissare dei vincoli precisi di responsabilità individuali.
Trattasi di “prassi clandestina”, deprecabile perché mezzo decisionale inefficiente, al contrario di un consiglio o di una commissione in cui allo scadere del tempo massimo s’indice una votazione e si è certi in tal modo di sbrigare ogni faccenda.

Purtroppo a noi non interessa l’efficienza; preferiamo essere lenti, perché lento è chi si sofferma a considerare il giusto peso delle cose, a ragionarci su, a intavolare un confronto che è volto ad addentrarsi nell’intimo delle questioni, senza l’ansia di un conto alla rovescia da rispettare.
A noi non interessa stabilire assiomi e definizioni precise, costruire un sistema formale che risponda ad ogni ipotetica situazione; preferiamo basarci sulla fiducia, pensare che ogni contingenza troverà una risposta naturale nel nostro agire entro quelle poche, semplici linee-guida che caratterizzano questo percorso.

A noi interessa preservare il potenziale umano e intellettuale che da quasi tre mesi si esprime in questi locali, che costituisce una esperienza ibrida di studio e socialità, di confronto dei saperi e costruzione di relazioni; per dirla con un linguaggio caro al dipartimento di matematica, vogliamo in sostanza mantenere la visione complessiva del piano reale/immaginario che è possibile soltanto spostandosi su un terzo asse, che è giocoforza “uscire” dallo schema di un grafo planare, entro le cui componenti (E. A. Abbott insegna) non si può percepire altro che la costrizione dei vincoli che ci racchiudono.

Siamo entrati in questa trattativa con la speranza di incontrare l’apertura e la disponibilità del dipartimento di matematica e dell’Università tutta nei confronti di un’esperienza di sperimentazione e autogestione di uno spazio. Abbiamo trovato soltanto porte chiuse e posizioni rigide, sguardi miopi che non riescono ad andare oltre i formalismi.

Exploit, dunque, resta uno spazio occupato, perchè l’occupazione è evidentemente l’unica forma possibile dentro quest’università per autogestire davvero uno spazio, per sperimentare davvero forme nuove di socialità e condivisione. Da qui siamo partiti e qui torniamo, a vivere quest’esperienza inedita. Crediamo che il dipartimento di Matematica e l’Ateneo, pur avendo riconosciuto la validità e l’importanza di quest’esperienza, non abbiano saputo assumersi fino in fondo un confronto reale con ciò che Exploit rappresenta e che non abbiano voluto cogliere fino in fondo il messaggio che, in via embrionale, Exploit sta già esprimendo.

Ciò che quest’esperienza sta dicendo, infatti, è che la vita all’interno dell’Università della crisi non può che essere ripensata in toto, e che forme come quelle che Exploit sta mettendo in campo siano le uniche modalità possibili, tra le macerie dell’Università, per pensare davvero nuovi spazi, nuove forme di socialità e aggregazione, e un modello di condivisione dei saperi che non abbia ostacoli e non tema barriere.

Questa è la forza del progetto che in Exploit vive ed evolve, ed è matura a sufficienza da camminare sulle proprie gambe senza una trattativa.

Scarica questo articolo come e-book

Potrebbero interessarti anche...

3 Risposte

  1. Kirill Kuzmin ha detto:

    A grande richiesta, riporto qua i miei commenti su alcuni passaggi particolarmente interessanti.

    “Ma una trattativa in quanto tale prevede […] che ognuna delle due parti compia qualche passo in direzione dell’altra.”
    Questa è un’affermazione del tutto arbitaria.

    “per la quale è impossibile fissare dei vincoli precisi di responsabilità individuali.”
    La responsabilità individuale è alla base della convivenza civile, quindi è corretto pretenderla.

    “[La modalità assembleare è] deprecabile perché mezzo decisionale inefficiente”
    C’è chi non ha tempo da perdere.

    “Purtroppo a noi non interessa l’efficienza”
    Mi raccomando, ditelo anche ai colloqui di lavoro.

    “vogliamo in sostanza mantenere la visione complessiva del piano reale/immaginario che è possibile soltanto spostandosi su un terzo asse, che è giocoforza “uscire” dallo schema di un grafo planare, entro le cui componenti (E. A. Abbott insegna) non si può percepire altro che la costrizione dei vincoli che ci racchiudono.”
    Questa è una supercazzola.

    Comunque non ho stizze verso di voi e non vi odio. Semplicemente, questo comunicato chiedeva in ginocchio qualche commento sarcastico.

    KK

  2. Pietro ha detto:

    Nel linguaggio comune, si dice che uno è “lento” se è un po’ scemo. Poi ci saranno anche persone lente ed intelligenti, come suggerito interessantemente, ad esempio, da Kahneman… ma se uno – o un gruppo – si vanta, a prescindere, di essere lento, vuol dire che o è effettivamente un po’ scemo, oppure si arrampica sugli specchi. Il resto di questo post, pur con qualche discontinuità, fa propendere per la seconda ipotesi.

    Saggio è colui che, quando gli viene proposta la scelta tra “efficienza” e il “considerare il giusto peso delle cose”, manda a quel paese l’interlocutore, facendogli notare che le due alternative non sono affatto – mai – alternative, e chi le pone come alternative si sta, appunto, sofisticamente arrampicando sugli specchi.

  3. Kiba ha detto:

    @Pietro

    Sei tu il sofista, che giochi con le parole affermando che la lentezza
    equivale alla stupidità perchè così è in una accezione di questo termine.
    E nonostante lo abbiamo scritto, non hai ancora capito che l’efficienza,
    la capacità di svolgere una mansione in un tempo dato, non è applicabile
    alla comprensione e al confronto.

    Forse Kahneman, che si occupa di psicologia e non di scienze politiche,
    non ti ha mai detto che i processi decisionali orizzontali richiedono
    una lenta temporalità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *