What a fucking curse – Alcune simbologie dietro “Lemonade” che lo rendono un video imperdibile

Delle donne ondeggiano a ritmo, le une vicine alle altre, in una collettiva danza funebre, dentro un veicolo che sembra trasportarle, tutte, nell’aldilà.

So what are you gonna say

at my funeral,

now that you’ve killed me?

Here lies the body of the love of my life,

whose heart I broke

without a gun to my head.

Here lies the mother of my children,

both living and dead.

Rest in peace, my true love,

who I took for granted.

Most bomb pussy who,

because of me,

sleep evaded.

Her god listening.

Her heaven will be a love

without betrayal.

Ashes to ashes,

dust to side chicks.

Allora, cosa hai intenzione di dire

al mio funerale

ora che mi hai uccisa?

Qui giace il corpo dell’amore della mia vita

a cui ho spezzato il cuore

senza che mi costringessero.

Qui giace la madre dei miei figli

sia vivi che morti.

Riposa in pace

mio vero amore,

che ho dato per scontato.

La più strafiga del mondo

che, a causa mia,

ha passato notti insonni.

Il suo sudario è la solitudine

il suo Dio stava ascoltando.

Il suo paradiso

sarebbe un amore

senza tradimenti.

Cenere alla cenere

polvere alle squallide amanti.

Uno degli ingredienti vincenti nella ricetta di Lemonade sono le preparatissime ballerine che affiancano Beyoncé, i cui volti, vestiti e danze hanno un chiaro rimando alla cultura africana occidentale, in particolare alla tribù di Yoruba.

Tuttavia, qui non stiamo solo parlando di un’artista che celebra le sue radici africane: la Queen Bey esalta il legame con le sue antenate, con cui condivide qualcosa di più forte dell’eredità genetica: una maledizione intergenerazionale, fatta di abusi, patriarcato e colonizzazioni, di supremazia bianca e schiavitù; una maledizione che parte dalla sua condizione personale di madre e moglie tradita ma che solo insieme alle sue sorelle riuscirà rompere.

Partendo dalle parole della stessa truccatrice, Laolu Senbanjo, si capisce come il rimando alla tribù di Yoruba non sia un caso, ma rientri nell’elaborato ricamo che Beyoncé è riuscita a presentarci.

In my language, Yoruba “Ori” literally means your essence, your soul, your destiny and also comes with a mantra. When I work with a muse, the muse, their Ori, and I become one. My Art form is physically drawing what’s on the inside, what’s in your soul, and your essence and being; on your canvas which is the skin. It’s the deepest most spiritual experience I’ve ever had with my Art as an artist. It’s amazing and energizing. The connection is phenomenal. [1]

Nella mia lingua, Yoruba “Ori” significa letteralmente la tua essenza, l’anima, il tuo destino e viene fornito con un mantra. Quando lavoro con una Musa, la Musa, detta Ori, e io, diventiamo una cosa sola. La mia arte consiste nel disegnare cosa hai dentro, la tua anima, la tua essenza, sulla tua tela che è la pelle. È l’esperienza più spirituale più profonda che abbia mai avuto come artista. È incredibile ed energizzante. La connessione è fenomenale.

E ancora, parlando della sua esperienza lavorativa con Beyoncé:

It was so emotional. It was powerful, mind-blowing. Being someone of her power, status, speaking up for women, speaking up for Black Lives Matter, empowerment. To be part of that… she has an amazing vision. Which is what I do with my painting. It’s a form of liberation. People say funny things about me painting on women. It’s about empowerment. It’s not about nudity, it’s not about objectifying. It’s about equality. It’s about speaking up for people who are not being talked about in the workplace. It’s also about relationships.[1]

È stato così emozionante. Era potente, pazzesca. Una persona del suo potere, status, che parla per le donne, per Black Lives Matter, che responsabilità. Essere parte di questo… lei ha una visione incredibile. Che è quello che faccio con la mia pittura. È una forma di liberazione. La gente dice cose divertenti su di me che pitturo sulle donne. Si tratta di responsabilità. Non si tratta di nudità, non si tratta di oggettivazione. Si tratta di uguaglianza. Si tratta di parlare per persone di cui normalmente non si parla sul posto di lavoro. Si tratta anche di relazioni.

La scelta è oculata anche nel vestiario, ricco e diverso in ogni traccia, spesso molto significativo. Alcuni capi più di altri hanno fatto parlare, a partire dalla mise color curry indossata con gioiosa rabbia in Hold up, mentre, con una mazza da baseball, distrugge la città sotto i sorrisi compiaciuti di altre donne. Grandi speculazioni sono state fatte su quella scena, la più convincente pare sia il forte parallelismo con Oshun, la dea dell’acqua della mitologia Yoruba, simbolo di amore, fertilità, ma anche ira. Proprio in Hold up, infatti, Beyoncé comprende l’importanza di voltare le spalle ai vecchi dei, primo tra tutti suo marito. Questo passaggio avviene dopo un vero e proprio battesimo nella sua vecchia casa, dove, immersa nell’acqua, rivede la vecchia se stessa, una moglie devota che aspetta che il marito rincasi. È da qui che l’artista riesce finalmente a ripartire da se stessa, e per farlo utilizza le parole della poetessa somala Warsan Shire: [2]

I tried to change

closed my mouth more

tried to be softer

prettier

less awake

Ho provato a cambiare

sono stata più zitta

ho cercato di essere piu dolce

più bella

[…]

I drank the blood

and drank the wine.

I sat alone and begged

and bent at the waist for God.

II crossed myself

and thought I saw the devil.

I grew thickened skin on my feet,

I bathed in bleach,

and plugged my menses

with pages from the holy book,

but still inside me, coiled deep,

was the need to know …

Are you cheating on me?

Ho bevuto il sangue,

ho bevuto il vino.

Mi sono seduta da sola

e ho pregato

e mi sono piegata

per cercare Dio

poi ho visto me stessa

e ho pensato di aver visto il diavolo.

La pelle dei miei piedi

si è fatta più forte

ho fatto il bagno nella candeggina.

Ho provato a fermare le mestruazioni

con le pagine del libro sacro

ma dentro di me

si faceva sempre più forte

il bisogno di sapere.

Mi stai tradendo?

L’esaltazione della Black culture prosegue con l’utilizzo di vestiti ispirati all’arte di Yinka Shonibare. [3] Quest’artista inglese-nigeriano rielabora fatture francesi e olandesi del diciottesimo e diciannovesimo secolo in chiave ankara, creando uno stile unico e riappropriandosi di una delle più grandi importazioni europee, il tessuto, per farne qualcosa di nuovo, colorato, vitale, postcoloniale.

[…]

And he told me when he’s gone

Here’s what you do

When trouble comes to town

And men like me come around

Oh, my daddy said shoot

Oh, my daddy said shoot

Ecco quello che devi fare

Quando i guai si presentano in città

E uomini come me si fanno avanti

Oh, mio papà mi ha detto spara

Oh, mio papà mi ha detto spara

Con questo stille batik Beyoncé ci canta la sua infanzia a ritmi country, non tradendo nemmeno sue origini texane, in un pastiche degno di nota, avventurandosi in un genere musicale tipicamente suonato “da bianchi e per bianchi”. (La cui esibizione ai Country Music Awards ha suscitato non pochi malesseri tra il pubblico conservatore) [4]

Your mother is a woman

and women like her cannot be contained.

[…]

Mother dearest, let me inherit the earth.

Mother dearest, teach me how to make him beg

Let me make up for the years he made you wait.

Did he bend your reflection?

Did he make you forget your own name?

Did he convince you he was a god?

Did you get on your knees daily?

Do his eyes close like doors?

Are you a slave to the back of his head?

Am I talking about your husband or your father?

Tua madre è una donna

E donne come lei non possono contenersi

[…]

Mia cara madre, lascia che erediti la terra

Insegnami come farmi implorare da lui.

Lascia che rimedi per gli anni che ti ha fatto aspettare.

Ti ha plasmato a sua immagine?

Ti ha fatto dimenticare il tuo stesso nome?

Ti ha fatto credere che lui fosse un dio?

Finivi per inginocchiarti, ogni giorno?

I suoi occhi si chiudono come se fossero porte?

Eri una schiava, nella sua testa?

Sto parlando di tuo marito o di tuo padre?

Domande poste ad una madre invisibile, ma estendibili a tutte le generazioni di donne nere che si oppongono all’invisibilità e al silenzio. Ed è grazie a Lemonade che il panorama visivo si amplia, spostando l’attenzione dalla cultura bianca dominante e da alcuni problematici femminismi escludenti e oppressivi, rimarcando l’intersezionalità delle rivendicazioni, tra genere e razza, che unisce antisessismo, femminismo e antirazzismo. D’altrode come viene ribadito in Don’t Hurt Yourself, “La persona meno rispettata in America è la donna di colore. La persona meno protetta in America è la donna di colore. La persona più trascurata in America è la donna di colore” (Malcolm X,Who Taught You To Hate Yourselves? del 1962 [5]).

Fonti

[1]http://www.okayafrica.com/news/beyonce-lemonade-laolu-senbanjo-sacred-art-of-the-ori/

[2]http://exceptindreams.livejournal.com/389716.html

[3]http://www.yinkashonibarembe.com/home/

[4]http://www.thewrap.com/beyonce-is-performing-at-cma-awards-and-people-are-mad/

[5]https://www.youtube.com/watch?v=aPBOeswAbuI

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